Tortellino tradizionale
Tutto inizia con una mangiatoia trasformata in culla per Gesù bambino. Poi sulla scena della natività arrivano pane, vino e la carne che rappresenta l’abbondanza. Ma che cibo «gustano» oggi le statuette?
La notte di Natale del 1223 San Francesco inventa il presepe e mette subito al centro il mangiare. Trasforma in una culla la mangiatoia – proprio questo significa la parola latina praesepium – dove al posto del foraggio per sfamare il bue e l’asinello prepara un morbido cuscino di paglia. E prodigiosamente appare sotto i suoi occhi il bambinello aureolato di luce, che i Vangeli definiscono il pane della vita.
Da allora fare il presepe è diventato un rito collettivo. Ogni popolo se lo è disegnato a sua immagine e somiglianza. Cambiando persino i tratti somatici dei pastori, che in America Latina diventano andini, in Cina hanno gli occhi a mandorla, in Africa la pelle nera. Ma cambiano soprattutto i cibi che con il linguaggio semplice della tavola rappresentano la gioia portata dalla Buona Novella.
Uova, frutta, cereali, formaggi, verdure. Ma anche salami, pancette, salsicce, quarti di bue, perché la carne è sempre stata il cibo dell’abbondanza, il sogno dei poveri cristi di tutto il mondo. In questo senso è esemplare il presepe napoletano, che riflette la cultura di una città sovrappolata e affamata. Vivace, verace e vorace. Abitata da un popolo sempre in cerca di un posto al sole dove godersi un morso di vita.
Così il presepe partenopeo ha fatto posto anche all’osteria, autorizzando di fatto il peccato di gola. Per secoli in prima fila c’è sempre stato il banco del macellaio, dove fanno bella mostra prosciutti, capretti e polli. Da qualche anno però la dieta nel presepe sta cambiando. Nel borsino di San Gregorio Armeno, la via napoletana dei maestri presepisti, si registra una nuova tendenza negli acquisti. La scena se l’è presa il pizzaiolo che sforna margherite sfrigolanti. E la carne è stata surclassata da altri cibi più sostenibili, come spaghetti, mozzarelle, baccalà, frutti di mare, capitoni. Spopolano struffoli, pastiere, roccocò, cassate. Un menù natalizio in piena regola, ma sempre più etico e ispirato alla dieta mediterranea. Che in un sol boccone salva il corpo e l’anima.