Referendum lavoro 2025: smobilitare la precarietà senza mobilitare la classe?
20250521 . L'8 e il 9 giugno si svolgeranno referendum abrogativi promossi dalla CGIL riguardanti alcune norme sul lavoro, incluse modifiche al Jobs Act e alla legge sulla cittadinanza per stranieri. Sebbene l'iniziativa possa stimolare la partecipazione dei lavoratori, non affronta le radici della precarietà contrattuale. Le proposte includono la reintegrazione per licenziamenti illegittimi in aziende con più di 15 dipendenti, l'eliminazione del tetto all'indennizzo per licenziamenti in aziende più piccole, e limitazioni al lavoro precario. Tuttavia, queste misure sono considerate insufficienti per affrontare la precarizzazione storica del lavoro, generata da riforme reazionarie degli ultimi trent'anni, e non mettono in discussione l'intero sistema degli appalti, che continua a sfruttare lavoratori. Si evidenzia la necessità di una lotta più radicale per riconquistare diritti. Inoltre, facilitare l'accesso alla cittadinanza è visto come un passo verso una maggiore integrazione e protezione dei diritti lavorativi. In conclusione, i referendum rappresentano solo un tentativo parziale di migliorare le condizioni lavorative senza affrontare le cause strutturali della precarietà.
- Nel 1992, durante il governo Amato I, venne completamente abolita la scala mobile tramite un accordo tra il governo e i sindacati, sostituendo l'indicizzazione automatica dei salari con un sistema di concertazione tra sindacati e datori di lavoro: repressione salariale per mantenere la circolazione dei capitali finanziari nel nuovo meccanismo, poi consolidato con l'adozione dell'euro.
- Nel 1997, il governo Prodi I approvò il pacchetto Treu, introducendo il lavoro interinale e abolendo la norma sulla presunzione di lavoro a tempo indeterminato. Questo tentativo mirava a sfruttare la debolezza dei lavoratori per implementare una maggiore flessibilità lavorativa, voluta dalla Commissione Europea.
- Nel 2001, il governo Berlusconi I approvò il DL 368/2001, che consentì di apporre un termine ai contratti di lavoro subordinato anche per motivi di ordinaria attività aziendale. Successivamente, nel 2003, con la legge Biagi, furono sistematizzate forme di precariato già esistenti e introdotti contratti come il lavoro intermittente e il lavoro ripartito.
- Nel 2006, il governo Prodi II introdusse il decreto Bersani-Visco abbatté le tariffe minime aprendo il mercato a una concorrenza smodata e senza freni ai piccoli professionisti
- Nel 2011, il governo Berlusconi II promulgò il decreto Sacconi, permettendo deroghe a norme contrattuali da parte di accordi collettivi firmati da sindacati, a discapito dei lavoratori.
- Nel 2012, la riforma Fornero, sotto il governo Monti, facilitò i licenziamenti individuali per motivi economici. Più recentemente, nel 2014, il governo Renzi ha approvato il Jobs Act, che ha abrogato l'obbligo di reintegro per i lavoratori ingiustamente licenziati in gran parte dei casi, mantenendo la reintegrazione solo in situazioni specifiche. Il Decreto Poletti ha introdotto la cosiddetta "acausalità", riducendo gli obblighi per le aziende riguardo ai contratti a tempo determinato.
- Il D.L. del 4 maggio 2023, governo Meloni, ha modificato le condizioni contrattuali per i contratti precari, allungando la durata e semplificando la loro applicazione. Infine, la legge n. 203 del 17 dicembre 2024 ha ulteriormente ampliato le misure a favore del lavoro a termine, escludendo dal computo i limiti quantitativi per alcune categorie di lavoratori.