WASHINGTON CAPUT MUNDI
20250502 . Le principali agenzie delle Nazioni Unite dedicate all’alimentazione e ai rifugiati stanno subendo drastici tagli ai fondi a causa di un calo senza precedenti dei contributi da parte dei maggiori Paesi donatori, tra cui gli Stati Uniti (sotto l’amministrazione Trump) e diverse nazioni europee come Germania, Regno Unito e altri membri dell’UE. Questi governi hanno ridiretto risorse verso la spesa militare, motivati dalle crescenti tensioni geopolitiche con Russia e Cina. Il Programma Alimentare Mondiale, che sostiene oltre 340 milioni di persone in condizioni di insicurezza alimentare, ha lanciato un allarme: 58 milioni di individui colpiti da fame acuta rischiano la vita. La riduzione deliberata dei finanziamenti alle organizzazioni umanitarie ONU sta causando un numero di morti superiore a quello provocato direttamente dai conflitti armati.
L’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, recentemente descritto dall’ANSA come un “capolavoro della diplomazia vaticana”, è stato presentato al pubblico come un segnale di dialogo orientato alla risoluzione del conflitto in Ucraina. La rappresentazione mediatica dei due leader, ritratti in una “storica foto”, mira a sottolineare il loro presunto impegno per la pace, in netto contrasto con l’immagine di Vladimir Putin, descritto come persistente nell’aggressione militare. Tuttavia, lo stesso Trump ha espresso riserve sulle reali intenzioni del presidente russo, avanzando l’ipotesi che Mosca non sia interessata a una cessazione delle ostilità, ma piuttosto a guadagnare tempo, rendendo necessaria l’applicazione di ulteriori sanzioni. A ciò si aggiunge la posizione del segretario di Stato Marco Rubio, il quale ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero sospendere il proprio ruolo di mediazione qualora Russia e Ucraina non presentino proposte concrete per negoziare.
Dal canto suo, la Russia continua a richiedere un confronto ufficiale sulle cause strutturali del conflitto, richiesta che viene sistematicamente ignorata dai Paesi occidentali. Le notizie allarmistiche, come quella pubblicata dal *Wall Street Journal*, secondo cui la Russia starebbe preparando un’espansione militare in Europa attraverso il potenziamento di basi nelle regioni di confine. L’autore contesta questa narrativa, evidenziando come sia invece la NATO ad aver progressivamente avvicinato proprie forze, comprese quelle nucleari, ai confini russi, mentre gli alleati europei pianificano l’invio di truppe in Ucraina, alimentando di fatto l’escalation.
Sul fronte mediorientale, l’Amministrazione Trump prosegue la campagna militare nello Yemen, ereditata dalla precedente amministrazione Biden, con raid aerei che hanno colpito oltre 800 obiettivi in un mese, causando vittime sia tra i combattenti Houthi che tra i civili. Questa strategia, oltre a perpetuare una crisi umanitaria, sembra preludere a un potenziale conflitto su larga scala contro l’Iran, pianificato congiuntamente da Stati Uniti e Israele.
In ambito economico e geopolitico, gli Stati Uniti intensificano la pressione sulla Cina, percepita come la principale minaccia alla loro egemonia. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, durante l’incontro dei BRICS a Rio de Janeiro, ha denunciato le politiche protezionistiche statunitensi, definendole strumenti coercitivi per destabilizzare le economie emergenti. La risposta americana, incapace di contrastare l’ascesa economica della Cina e dei Paesi del Sud Globale affiliati ai BRICS, si concentra su un rafforzamento militare nella regione indo-pacifica, con dispiegamenti di forze e alleati strategici.
In sintesi, il testo delinea un quadro complesso in cui le potenze occidentali, pur promuovendo una retorica di pace in Ucraina, perseguono politiche contraddittorie: da un lato alimentano conflitti regionali (Yemen, potenziale confronto con l’Iran) e dall’altro adottano misure aggressive verso rivali strategici come la Cina. L’analisi suggerisce una critica ai “doppi standard” della governance globale, dove l’uso selettivo della mediazione diplomatica e della forza militare riflette priorità geopolitiche più che un autentico impegno per la stabilità internazionale.