UNA RIFLESSIONE SU COSA È STATO IL COMUNISMO
20250916 .
Il comunismo da un lato è utopia emancipatrice, sogno di giustizia sociale e redenzione collettiva; dall’altro è realtà storica incarnata in regimi, partiti e istituzioni che, pur avendo prodotto avanzamenti significativi nella dignità del lavoro e nella sovranità nazionale, hanno spesso generato forme di autoritarismo e alienazione. Questa tensione interna, mai del tutto risolta, è affidata al pensiero di Antonio Gramsci per esplorare le dinamiche profonde dell’egemonia culturale e della trasformazione sociale.
Gramsci, nei suoi *Quaderni dal carcere*, affermava che il potere non si conquista solo con la forza, ma attraverso l’egemonia, ovvero la capacità di costruire una visione del mondo condivisa che renda naturale ciò che prima appariva impossibile. In questa prospettiva, il comunismo non è solo una rivoluzione delle strutture economiche, ma anche e soprattutto una rivoluzione delle coscienze. Tuttavia l’egemonia culturale non è sufficiente: occorre saper abitare il tempo lungo della storia, mantenendo il “pessimismo dell’intelligenza” e l’“ottimismo della volontà”, secondo la celebre formula gramsciana. È proprio questa tensione tra lucidità critica e speranza attiva è la chiave interpretativa per affrontare il presente.
Il nostro tempo è segnato da globalismo impersonale, mercificazione assoluta e disumanizzazione tecnologica. In questo contesto, c'è necessità di una nuova teoria sociale, capace di raccogliere il meglio dell’eredità socialista e di superarne le rigidità dogmatiche. Tale teoria dovrebbe rimettere al centro la sovranità popolare, la giustizia sociale e l’autodeterminazione dei popoli, configurandosi come un nuovo umanesimo radicato nella memoria ma aperto all’avvenire.
Se il comunismo storico è fallito, cosa resta del sogno di giustizia? La risposta, implicita ma potente, è che resta proprio quel sogno ostinato, quella scintilla che continua a bruciare sotto le ceneri, quella domanda radicale su come vivere insieme e su come restituire dignità all’essere umano nella sua interezza. In un mondo che sembra smarrire ogni legame e ogni radice, il chiaroscuro del presente — per citare ancora Gramsci — è il luogo dove nascono i mostri, ma anche dove può accendersi la volontà di una nuova storia.