La cattura e la morte del nostro concittadino Felice Cascione "u Megu"
25 giugno 2025 - Le prime raffiche della mitraglia annunciano la presenza del nemico. A quanto
affermano alcuni testimoni, il primo nemico che spunta nei pressi delle baite, e diventa ben visibile, non è un uomo in divisa, ma ha vestiti borghesi. Indubbiamente è la guida, un'individuo dei paesi vicini o un personaggio che nei giorni precedenti fu di passaggio presso la banda. Ad una quindicina di metri la guida è seguita da due militari ad una certa distanza ne spuntano ne spuntano altri tre. Le divise sono Tedesche. Qualcuno è certamente italiano con la camicia nera sotto il cappotto grigioverde. Dopo un non breve
intervallo, ai primi uomini di punta segue la colonna con movimenti e guardinghi. Gradatamente i militari si avvicinano alla baita più grande su cui sventola una bandiera rossa: la tirano giù e la svolazzano in segno di scherno;
quindi entrano nel locale e si accingono a dar fuoco agli equipaggiamenti dei partigiani: infatti si scorgono vampate di fumo. Cascione osserva. I nemici presso il casone sono ancora pochi; probabilmente pensa di recuperarlo, per recuperare materiale e documentazione compromettenti, prima che la presenza nemica diventi più numerosa. Ad un tratto decide: lasciato il comando a Vittorio Acquarone (in caso di ogni evenienza , comandante già disegnato in precedenza), ed armato di mitra s'incammina con cautela attraverso i prati e saltando alcuni muretti si dirige verso il casone, accompagnato da Rinaldo Risso e Giovanni Mamberti. I tre coraggiosi intendano assalire i nemici che sono nel casone per cui, a poche decine di metri di distanza dallo stesso , aprono il fuoco. Inizialmente i Tedeschi, che per il momento sono pochi numerosi, hanno qualche istante di esitazione : uno fugge verso la parte opposta
del fuoco partigiano, un altro lancia un razzo di segnalazione e, quindi, insieme ai presenti, cerca scampo nel casone. Dall'interno di esso i militari organizzano la difesa sparando all'impazzata in direzione dei tre che stanno avvicinandosi, attraverso le aperture che sono nei muri. ...........................................
LAMORTE DI CASCIONE
Sempre intenti alla sparatoria, Cascione, Risso e Mamberti, con grande difficoltà cercano di risolvere il compito che si sono assunti. Quella che si sta attuando è un'operazione tattica di movimento con momenti pericolosissimi. Durante uno di questi momenti, quando i tre devono spostarsi per brevissimo tempo allo scoperto
per scavalcare un muretto, una pallottola colpisce la gamba destra di Cascione, nei pressi del ginocchio, con conseguente rottura della tibia. Sussurra il nome della madre mentre si accascia dietro il muretto che stava per oltrepassare. Il momento è terribile . I Tedeschi (circa duecento metri, si dice) ed alcuni fascisti, gradatamente stanno giungendo tutti nella zona. L'unica cosa da fare è andare a chiedere aiuto agli
uomini che sono nelle postazioni, mentre la sparatoria generale, da una parte e dall'altra e dall'altra si infittisce. Oramai il sole è alto, tutto è chiaro, sono circa le ore 9. Si decide. Mentre il Risso rimane presso Cascione, che è disteso a terra, il Mamberti si allontana come può per raggiungere i compagni onde farli intervenire in qualche modo. Giunto nelle postazioni, a questo punto partono Emiliano Mercati e Giuseppe Cortellucci che, con estremo coraggio e sotto un fuoco intenso, attraverso il terreno in pendio raggiungono il ferito e il Risso. Intanto Federico Sibilla e il Setti dalla loro postazione sotto la cresta rocciosa, tentano di tenere a bada il nemico che, purtroppo, raggiunge il casone sempre più numeroso, dal viottolo incassato già menzionato e quindi non visto. In queste condizioni di superiorità il nemico intensifica il fuoco. L'area dove Cascione è disteso, è coperta da un ombrello di proiettili. Il Mercati deve tornare indietro per chiedere maggiori aiuti e tentare una manovra diversiva per salvare Cascione la cui situazione diventa sempre più difficile.
Il mercati miracolosamente riesce a superare la copertura a ombrello delle pallottole nemiche. In vece Cortellucci, immobilizzato in un tratto scoperto, non può più muoversi per non rimanere colpito. Mentre il Mercati si allontana, una squadra con Eolo castagno e Vittorio Acquarone tenta una manovra di avvolgimento dal basso per prendere il nemico di contropiede sorprendendolo nei pressi del casone. E' una pia illusione. La manovra non ha neppure inizio perchè il nemico, da vari punti tattici, produce un fuoco intensissimo, facendolo convergere dove giacciono Cortellucci Cascione e Risso. Altre manovre vengono pensate, ma rimangono allo stato di progetto. I partigiani Federico Sibilla e Angelo Setti non possono più mantenere la loro posizione e devono anche loro ritirarsi con precauzione, per non venire colpiti, verso la cresta rocciosa che i compagni (che la occupavano) erano stati obbligati ad abbandonare, allontanandosi verso l'alto. A questo punto Cascione si rende conto della disperata situazione in cui si trova e con coraggiosa rassegnazione esorta il Risso ad allontanarsi, se ancora ci riesce. Ormai è solo questione di minuti. Consegna al compagno un sacchetto di tipo militare che contiene le sue cose: documenti personali, documenti riguardanti l'amministrazione della banda e la tessera del pane; gli raccomanda i “suoi ragazzi” ed avviene l'estremo saluto. Questo momento, impressionante ed al tempo stesso commovente nella sua cruda realtà. Descritto successivamente dal Risso (che riesce anche lui a salvarsi).
Quando i tedeschi ed i fascisti catturano Cortellucci giungono Cascione, quest'ultimo
qualificatosi come il capo della banda, per salvare il compagno, dichiara che lo stesso era suo prigioniero. Del Cortellucci parleremo in un altro post.
Trascorso qualche tempo, mentre i Tedeschi stanno riordinando le fila, quando già i partigiani si sono dispersi (è oltre mezzogiorno), dimostrando coraggio quando il pericolo è passato, i fascisti trascinano Cascione al margine del prato, sempre presso il muretto, in luogo più appartato, gli tolgono l'orologio dal polso ed uno di loro lo fredda con una pallottola nella fronte. Infatti il loro ufficiale, sulla strada del ritorno con i suoi accoliti, incontrando civili nel paese di Alto , esclama “il colpo di grazia gliel'ho dato io al vostro “Megu” cui volevate tanto bene. Così è finito uno di quegli uomini superiori che nei momenti più alti della vita di un popolo, alzano la bandiera della patria, e dietro ad essa trascinano la schiera dei figli migliori.
Era generoso: nei paesi dove ci trovavamo era ben voluto da tutti; visitava gratis tutti, faceva con passione la sua professione. Il 14 giugno nascerà la IX Brigata “Felice Cascione” il 4 luglio verrà elevata a II Divisione d'assalto Garibaldi e porterà il suo glorioso nome “Felice Cascione”. Pino Fragalà